MIRABILE OGNI TUA COSA, LISBONA
(Pessoa)
Lo chiarirò subito, amo
Lisbona in ogni sua espressione. Le zone più antiche, quelle moderne e il loro
miscuglio, i rossi tetti bagnati dalla pioggia, il cielo più azzurro che
esista (è il riflesso dell’Atlantico?) e le periferie lasciate andare.
Amo soprattutto le
tracce di un passato glorioso e decaduto che spunta a ogni angolo. Dal Castello
che domina la città, ai vicoli stretti e sudici che ne discendono con le scale
che curvano con mancorrenti a dividere ipoteticamente chi sale da chi scende.
E amo Pessoa, il
Poeta, secondo alcuni (Tabucchi, per esempio) il più grande del ‘900.
In uno dei miei vari
viaggi ho cercato le sue tracce, i luoghi che ha vissuto, i bar, le scenografie
che hanno fatto da sfondo alle sue poesie (del suo eteronimo Álvaro de Campos),
prima fra tutte la famosa Tabacaria che inizia con i sublimi
versi: Não sou nada/Nunca serei nada. (Non sono nulla/Mai sarò nulla).
Tranquillo, Fernando,
sei semplicemente mirabile.
E le tracce del suo
amore per Ophélia Queiroz, Ophélinha per il Poeta.
La città è disseminata
di targhe, l’ho scoperto strada facendo, quando avevo già visto la casa natale,
la chiesa del battesimo e (ri)visto per la millesima volta la scultura che lo
raffigura posta di fronte al caffè A Brasileira, uno dei suoi
locali preferiti.
Palazzi del centro
recanti l'indicazione che al primo o secondo piano c’era la famosa ditta presso
la quale Fernando era impiegato come traduttore (era di madrelingua inglese,
lungo da spiegare in poche righe) a quello dove, presso la "Valladas &
Freitas", probabilmente, aveva baciato (durante lo straordinario non
pagato, s’intende) la sua amata Ophélia. Pessoa aveva trentadue anni, lei
diciannove. Un amore intenso, breve e a intermittenza durante l'anno 1920, per
poi riprendere nel 1929 e spegnersi definitivamente nel 1932. Che poi lui fosse
omosessuale non conta, erano due anime che il destino aveva deciso si dovessero
incontrare.
Mi ha incuriosito
cercare (anche in rete) dove fosse la citata Tabacaria. Pareri
discordanti, ma infine dovrebbe essere quella ancora presente nel cuore della
città, il Rossio. E che sia quella o un’altra vicina e ora non più
presente poco importa; conta, invece, sapere se poi Esteves ha
trovato la sua metafisica.
L’uomo è uscito dalla
Tabaccheria (infilandosi in tasca il resto?)/Ah, lo conosco: è l’Esteves senza
metafisica. (trad. Tabucchi)
Infine, l’ultima casa
di Pessoa, quella in cui visse gli anni che lo accompagnarono alla morte. Ora è
un museo, piccolo ma bello. Alcune suppellettili sono sicuramente rifatte,
altre coeve, poca cosa è originale. Il letto, il cappello di feltro, il vestito
sull’appendiabiti, il quadro astrale alla parete (s’interessava di astrologia,
astronomia ed esoterismo) e la sua nota silhouette (è un
adesivo ma produce un effetto scenico pazzesco) che filtra dalla finestra
quando è attraversata dal sole. Ma la teca con gli occhiali tondi, quelli sì,
sono sicuramente i suoi, vale il viaggio. Per chi lo ama come me (e siamo in
tanti) appaiono come un oggetto magico, capace di farti vedere il mondo come lo
vedeva lui. Lo confesso, ho avuto l’impulso di rompere il vetro e rubarli, poi
ho resistito, più che per paura dei guardiani per non privare della stessa
emozione i successivi ospiti di quella casa.
Un’ultima cosa, a
Lisbona non abbiate paura di non trovare una tabaccheria, forse non sarà quella
che osservava Pessoa dalla sua finestra, ma ce ne sono tante, come di bar,
caffè, ristoranti e altri luoghi dove fermarsi e socializzare.
Un’accortezza, nel
ristorante Martinho da Arcada c’è ancora il tavolo riservato al
Poeta, non sedete lì, lui potrebbe tornare da un momento all’altro e si
seccherebbe molto nel trovarlo occupato.
Sthepezz
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